mercoledì 2 aprile 2014

Grands Jours de Bourgogne 2014

Chiunque si trovi a dover valutare un annata nelle prime fasi della sua evoluzione, sa bene che è molto difficile. Infatti il tempo resta il miglior giudice, quando rende straordinarie annate che ai primi assaggi vengono considerate "minori" e, quando al contrario, un annata reputata grande alle prime battute, si rivela molto meno grande di quello che si immaginava.
Fatta questa doverosa premessa, il Grand Jours de Bourgogne resta un evento irrinunciabile per ogni appassionato di vino: ogni due anni, a marzo, una settimana di degustazioni itineranti nei vari comuni della Cote d'Or coinvolge addetti ai lavori provenienti da ogni angolo del pianeta per valutare l'ultima vendemmia in uscita.
Estesa lungo una striscia di terra che va da Digione a Lione in direzione nord-sud, la Borgogna è terra di grandi vini e grandi vignerons. Terra di antichissime tradizioni vinicole risalenti ai tempi dei romani (e forse prima dei celti), trova nel tempo nei monaci delle sue abbazie i depositari della tradizione vinicola
La proprietà è qui estremamente parcellizzata, a differenza dei grandi chateaux bordolesi, con conseguente grande presenza di aziende vinicole medio-piccole (l'unica eccezione è rappresentata dal Clos de Vougeot).  
Credo che qui più che in altre parti del mondo, si abbia una vera e completa identificazione tra vino e territorio: il vino non solo prende il nome dal posto dove è stato fatto, ma vi si identifica in modo perfettamente simbiotico, il luogo e il vino non si distinguono più. "Voi fate pinot noir, noi Gevrey-Chambertin" è una frase che racchiude il senso del "terroir", così francese, e qui in Borgogna, espresso in modo assoluto.
A rimarcare ancora più questo concetto, anche la classificazione dei cru avviene in base al vigneto (e non all'azienda come a Bordeaux), distinguendo in ordine decrescente: Grand Cru, Premier Cru e Village, da cui si traggono le denominazioni Comunal e Regional.
Non sottovaluterei infine, la grande abilità in cantina dei vignaioli borgognoni, l'uso diffuso della malolattica e dell'affinamento in legno (loro lo chiamano "elevage" nel senso che il vino deve migliorarsi senza snaturare la materia prima); il passaggio a forme di agricoltura biologica, con vari livelli di integralismo, ma comunque con il tratto comune del rispetto della natura. E' qui arriva un altro elemento fondamentale nella storia del vino borgognone: il vigneron borgognone è rimasto ancora contadino, persona che vive in semplicità e simbiosi con il territorio, tenace e rispettoso della tradizione, non ancora trascinato da chimere commerciali e consumistiche.
Passando ai vini, direi che l'annata in questione (2012) l'ho trovata già avviata, nonostante molti vini non fossero ancora in bottiglia, e gli altri lo erano da poco tempo; quindi bisogna mettere in conto una fase di affinamento ed equilibrio. In generale, vini succosi, materici, strutturati (anche in alcuni casi tra gli Chambolle e i Volnay), già piacevoli alla beva. 

Gevrey-Chambertin
Se c'è un denominatore comune in questi vini, sicuramente è la potenza muscolare e la ricchezza della struttura. Maschile e autunnale, senz'altro meno austero di Nuits-St-Georges, ma più forte e solido di uno Chambolle-Musigny. Diventa comunque difficile trovare un carattere simile  perchè c'è molta varietà di fattura tra gli Chambertin, forse più che nelle altre denominazioni. A volte molto tannico (Latricieres), a volte più aggraziato e fruttato (Chapelle e Mazoyeres), altre più sontuoso (Clos de Beze), lo Chambertin sembra essere un appelation dalle molteplici sfaccettature. Tra gli assaggi segnalerei Bruno ClairPierre DamoyOliver GuyotHumbert FreresRossignol-TrapetGerard SeguinDomaine de Vieux College, Domaine de Varoilles.

Chambolle-Musigny
Si possono riassumere con una sola parola: eleganza. Sono i vini dal tocco più delicato e sensuale della Cote d'Or; femminili, dolci, ma comunque con una matrice tannica e una struttura che c'è ma non si sente. Meno eterei e più presenti dei Volnay. Oltre ai grandi nomi come Amiot-Servelle, Joseph Drouhin, Bertagna, mi sono piaciuti molto Arlaud, Michelle et Patrice RionChristian Clerget, Armelle e Bernard Rion.  

Morey St. Denise
E' stretto nella morsa tra Gevrey-Chambertin a nord e Chambolle-Musigny a sud. Vive inoltre della grandezza dei grand cru presenti in questa appelation (Clos de Lambrays, Clos de la Roche, Clos de Tart) che paiono quasi oscurare tutto il resto. Meno potenti, ma con un intensità fruttata e croccante, sicuramente più accessibili come approccio di altri grandi pinot noir della Cote d'Or. E' stato impossibile assaggiare i grand cru, praticamente finiti a metà giornata; tra gli altri, eccezionale il Clos de la Roche di Chantal Remy.

Nuits Saint Georges
Vini tannici, materici, dalle note ferrose ed ematiche, decisamente austeri e difficili da interpretare. La struttura e potenza si esprime in maniera diversa rispetto a un Gevrey-Chambertin, nel senso che qui si caratterizza con una matrice più selvaggia. Lenti ad aprirsi, bisogna aspettare che l'evoluzione in bottiglia allinei la matrice tannica e la "addomestichi" dando equilibrio a questi vini. Su tutti George Chicotot, Henri Gouges, Domaine des Perdrix, Thibault Ligier-Belair.

Hautes Cotes
Si tratta della zona collinare alle spalle della striscia ben più famosa dei Premier cru e dei Grand cru che percorre da nord a sud la Cote d'Or. Qui la ventilazione è maggiore ma anche l'umidità. I problemi nel portare le uve a maturazione sono evidenti nei vini di questa batteria, a volte verdi e un pò crudi. Tra gli altri si distinguono Henri Naudine-Ferrand, Lucien Roucault e Anne Gros.

Beaune/Savigny-Les-Beaune/Pernand Vergelesses
Ho preferito accomunare i vini provenienti da queste denominazioni, in quanto qui il pinot nero esprime più rotondità, morbidezza, dettaglio aromatico, vellutatezza nei tannini che in altre appellazioni della Cote d'Or. Certo, si tratta di vini che non hanno la potenza, l'eleganza e la suadenza dei migliori premier e grand cru, ne la loro longevità, ma in alcuni casi si trovano esempi di vini di straordinaria eleganza che meriterebbero lo "status" di premier cru, come per esempio il cru Ile de Vergelesses dell'appelation Pernand-Vergelesses. Simon Bize, Chandon de Briallies, Domaine des Croix, Lois Dufoleur sono i produttori che mi hanno maggiormente emozionato.

Pommard
Vini mediamente più materici e tannici che eleganti. Carnosi e succosi, presentano però molte differenze stilistiche tra le varie espressioni. Ancora un pò scomposti, aspetterei che digeriscano il tannino prima di dare un giudizio definitivo. Sicuramente alcuni premier cru, come Epenots o Rugien Bas sono un gradino sopra gli altri. Meritano tra gli altri Comte Armand, de Courcel, Lejeune, Vaudoisey-Creusefond Domaine de la Galopiere.

Volnay
Etereo, dai colori tenuissimi tanto da sembrare un rosato, eleganza e delicatezza che lo avvicinano allo Chambolle-Musigny. I vini in degustazione però erano tutti abbastanza indietro e molti di loro con un marcato tannino, cosa strana per  questa appelation. Salverei Michel Lafarge e Bitouzet Prieur.


Meursault
Parte da Meursault proseguendo verso sud (Cote de Beaune) la zona dei grandi bianchi di Borgogna: Chardonnay in purezza vinificati in legno (con prevalenza di fusti vecchi per non caratterizzare troppo i vini). Non c'è qui la grande mineralità che caratterizza i Montrachet, ma ritroviamo nei vini maggiore complessità olfattiva, nonchè "grassezza" e opulenza, che a dire il vero non ho trovato predominante nei vini in degustazione. Grande maestria nell'uso del legno quasi sempre perfettamente integrato nel vino. Questi gli assaggi interessanti, con un grandissimo (e non poteva essere altrimenti) Comte Lafon, ma anche Michel Bouzereau, Antoine Jobard, Pierre Morey, Jacques Prieur.

Chassagne-Montrachet/Puligny-Montrachet
Mineralità impressionante, sentori di pietra focaia, figlia di terreni rocciosi, dove lo strato di argilla è ridotto all'osso, sono vini più verticali che orizzontali, anche rispetto agli Chardonnay di Meursault. Percepisci che questi vini hanno una forza mostruosa, soprattutto i Grand Cru (Batard-Montrachet, Criots-Batard-Montrachet, Montrachet, Chevalier-Montrachet, Bienvenues-Batard-Montrachet), che si esprimeranno alla grande dopo un lungo affinamento in bottiglia, e quindi oggi veramente difficili da valutare in tutta la loro grandezza. Philippe Colin, Marc Morey, Jean Claude Bachelet, Francois Carillon, Roger Belland, Vincent et Francoise Jouard sono i nomi che mi hanno maggiormente impressionato. 

In conclusione, ho cercato in questo post di riassumere sensazioni e impressioni (anche se è stato praticamente impossibile annotare tutti i vini assaggiati) di un eno-viaggio che qualsiasi appassionato di vino dovrebbe fare almeno una volta nella vita. Passeggiando tra le stradine del villaggio di Vosne-Romaneè, immergendosi al tramonto tra le vigne di Romaneè Conti, scoprendo il fascino da "nobile decaduto" di Beaune, mi sono sempre più convinto che per capire veramente i vini borgognoni, bisogna "respirare" questi posti, viverli, capire quanto vino, territorio e persone sono qui un tutt'uno inscindibile. 


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