
Irpinia, Costa d'Amalfi, Casertano, Cilento, e giù fino al Vulture e alla Puglia: vini lontani dalle mode, vere perle enologiche, prodotti in poche migliaia di bottiglie, e per questo difficili da trovare. Comincio il giro andando da Cantina Giardino, piccola realtà avellinese con un progetto originale (che mi riservo di approfondire in un successivo post) teso al recupero dei vitigni autoctoni, utilizzo di viti ultratrentennali, lavorazioni biologiche ai limiti dei "vini naturali", che pur non avendo vigne di proprietà produce vini interessanti e di buona qualità come il Tararà, greco in purezza che fa macerazione in tini di legno; ancora, un blend di falanghina, greco e fiano che invecchia in anfora per 6 mesi, oppure lo stupendo aglianico in purezza "Nude" da vigne di quasi 80 anni (avete capito bene!!). Trasferendoci in Costiera, una menzione particolare merita un'altra piccola realtà che produce vini bio: Monte di Grazia, in quel di Tramonti, dove vengono coltivati vitigni autoctoni quasi scomparsi tipici della tradizione vinicola campana (tintore, pepella, ginestra, biancatenera); viti ultracentenarie a piede franco, un magnifico terroir e la grande passione e coraggio di Alfonso Arpino rendono possibile questo piccolo miracolo enoico. Facciamo ora un salto nel Casertano, precisamente nell'ager falernum, alle pendici del Monte Massico, terra conosciuta già agli antichi romani e decantata da Plinio e Orazio, dove gradevoli sorprese sono stati Trabucco, con il suo Rapicaro, un Falerno del Massico dalla possente struttura, dai sentori fruttati e balsamici e i tannini poderosi, ma anche giovani e gradevoli scoperte come Capizzi, con il suo Don Gennaro (80% aglianico e 20% piedirosso), un Falerno old-style di buona personalità anche se con tannini un pò verdi e rugosi, o infine Zannini, con il suo Campierti, da uve primitivo, di buona morbidezza e sapidità e dalle evidenti note di frutta surmatura.
Attraversiamo la Campania e trasferiamoci in Basilicata, nel Vulture, tradizionalmente zona vocata per l'aglianico, dove però grazie a Michele La Luce, tenace vignaiolo in Ginestra, ho scoperto il Morbino igt, un eccezionale blend di moscato e malvasia. Solo 3.500 bottiglie di questo vino dai delicati profumi aromatici varietali, con una chiara matrice minerale figlia del terroir vulcanico e dalla piacevole freschezza gustativa. Finisco ritornando in Campania, e precisamente a Tufo, patria del greco, dove ha sede Cantine dell'Angelo, giovanissima realtà alla terza vendemmia (la prima è la 2006) che produce circa 4000 bottiglie provenienti da 5 ha di vigneti di proprietà sulla collina di Tufo su un terreno ricchissimo di zolfo. Il suo Greco è molto tipico, esprime mineralità, ma anche tanta freschezza e una buona struttura.
Un plauso in particolare al buon Mauro Erro e a Luciano Pignataro senza i quali tutto ciò non sarebbe stato possibile.
Alla prossima!!