domenica 23 agosto 2009

Il mito Chablis

Chablis rappresenta per lo chardonnay quello che la valle del Reno rappresenta per il riesling e Sancerre per il sauvignon blanc: la perfezione. La struttura geologica del terreno, il microclima e l'esposizione sud/sud-ovest dei vigneti regalano al vino una perfezione aromatica difficilmente riproducibile in altre zone viticole.
La storia del vino di Chablis risale all’anno 865 con la coltivazione della vite da parte dei moines di Saint Martin di Tours sulle due sponde della valle del Serein (il fiume che attraversa il villaggio). A quell’epoca e durante i secoli che seguirono lo sviluppo commerciale dei vini di Chablis fu importante grazie alle vie fluviali: trasportati per via terrestre fino ad Auxerre, i vini seguivano il corso dello Yonne, che raggiunge Parigi e quindi Rouen per essere portati verso i paesi del nord.
Con la rivoluzione francese le proprietà cambiarono mani, ma il successo era sempre là. Allora la superficie totale dei vigneti raggiunse i 38.000 ha.
La fine del XIX sec fu segnata dall’arrivo della fillossera che fece devastazioni e ridusse le vigne a nulla. All’inizio degli anni ‘60 la superficie del vigneto chablisien era inferiore ai 1000 ha, ma fu allora che la produzione dei vini a Chablis riprese il suo sviluppo con la meccanizzazione e la messa in atto dei sistemi di lotta contro il gelo (altra peste per le viti nella regione, combattuto con delle stufe “chaufferettes” che riscaldano i vigneti durante le notti più fredde). E' solo nella seconda parte del XX secolo che la fama di questo vino è rinata e per un buono motivo: la conferma cioè che l'uva chardonnay risponde al freddo terroir calcareo-argilloso della regione con aromi che nessuno finora è stato in grado di riprodurre in altre condizioni colturali.
La piramide di qualità degli Chablis è strutturata su quattro livelli e vede al primo posto la denominazione “Grand Cru” con i suoi sette climats, poi i 17 “Prémier Cru”, i “Petit Cru” e all’ultimo posto gli “Chablis”.
E' dal 1919 che si è stabilito infatti un consenso attorno ad un certo numero di crus che decenni di osservazione avevano promosso, e cioè: Vaudésir, Grenouilles, Valmur, Les Clos e Blanchot, a cui si aggiunsero nel 1938 Preuses e Bougros. L’appellation “Chablis grand cru” con i suoi sette “climats” (sottozone), assunse in questo modo la sua forma definitiva. Tutti e sette i climats si trovano infatti su un particolare terroir: le sol Kimméridgien che si compone in alternanza di strati di calcare molto compatto e di marne argillacee molto tenere che contengono gli organismi marini fossilizzati. Nell’era secondaria infatti il mare copriva la regione di Chablis formando nei suoi fondi dei sedimenti calcarei molto ricchi in conchiglie ed in particolare in una piccola ostrica a forma di virgola, “Ostrea Virgula” o “Exogira Virgula”. Alla fine del periodo giurassico, il mare scomparve, e l’era glaciale che seguì scavò valli negli strati sedimentari, formando l’attuale rilievo chablisien. Questo piano geologico porta il nome di kimméridgien per riferimento alla baia di Kimméridge nel sud dell’Inghilterra, il cui sottosuolo presenta le stesse caratteristiche. Ed è a questo suolo che i vini di Chablis devono il loro carattere minerale così particolare.
Tutti i Grand Cru sono situati in un unico blocco rivolto a sud e a ovest verso il villaggio di Chablis e il fiume Serein. Ciascuno dei sette ha un proprio stile e molti considerano Les Clos e Vaudesir i migliori.
Esprimono la loro classe dopo anni di affinamento in bottiglia e se conservati correttamente possono mantenere le loro eccellenti caratteristiche peculiari per venti o anche trenta anni.
Su questo stesso suolo si trovano anche le denominazioni “Chablis Prémier cru”. Nonostante esistano 40 vigneti appartenenti a questa denominazione, solamente 12 di questi sono considerati di maggiore prestigio: Beauroy, Côte de Léchet, Fourchaume, Les Fourneaux, Mélinots, Montée de Tonnerre, Montmains, Monts de Milieu, Vaillons, Vaucoupin, Vaudevay e Vosgros. Si tratta di quei Premier Cru situati sulla riva nord del fiume Serein che fiancheggia i Grand Cru e mantengono l'esposizione ottimale verso sud/sud-ovest.
Nella regione di Chablis si trova anche un suolo “d’àge portlandien”: più calcareo, poco argillaceo, e localizzato prevalentemente in pianura, i cui vini sono classificati in Petit Chablis e più di rado in Chablis. Si tratta di vini che hanno una piacevole eleganza, dal carattere più fruttato che minerale; certamente non in grado di confrontarsi con il passare degli anni e quindi da apprezzare nella loro freschezza giovanile.
Per quanto riguarda invece le caratteristiche del vino, lo Chablis si presenta con aspetti quasi tattili: è duro, scontroso, ma non ruvido; richiama le pietre e i minerali, ma anche il fieno verde. A tutto questo si accompagna uno strano e delizioso sapore acido e una sensazione minerale appunto, di silice, pietra focaia e ardesia bagnata, che lo rendono inconfondibile. Allo sviluppo di queste caratteristiche contribuisce anche la scelta di utilizzare contenitori in acciaio, con evidenti ripercussioni sull'ottima freschezza gustativa dei vini di Chablis.
Che cosa troviamo di Chardonnay?: le nota fruttate di mela, di pesca bianca, di agrumi e poi le note burrose e nocciolate.

La freschezza e la mineralità di questi vini li rendono adatti ad invecchiamenti da paura e quasi in grado di rivaleggiare con i loro "cugini a bacca rossa": ci sono leggende metropolitane infatti, che narrano di Chablis che, stappati dopo dieci anni, mantengono ancora un colore oro verde e un'acidità spaventosa da essere scambiati per vini appena imbottigliati...


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