Ci sono però anche tanti piccoli produttori che, non potendo essere supportati da adeguato marketing, si giocano tutto sulla carta della qualità e della passione. Questo Ruchè ne è sicuramente un esempio: dal 1908 la famiglia Verrua coltiva la vite e vinifica le proprie uve (grignolino, barbera e il raro ruché) con cura e passione. Cinque ettari complessivi di vigneto di proprietà e circa 20mila bottiglie l’anno vendute a un’affezionata clientela privata. Da qualche anno l'azienda si è convertita al biologico e usa solo lieviti indigeni.
Qualche giorno fa, mi sono ritrovato ad assaggiare questo vino e mi ha subito colpito l'impatto assolutamente piacevole e immediato, direi "femminile" per come gioca su dolci note floreali di violetta e rosa, che lasciano poi spazio a spezie (cannella, chiodi di garofano), leggere note di sottobosco e a vaghi sentori fruttati, soprattutto lampone e more selvatiche. In bocca poi ha un attacco "dolce", che sembra in un primo momento coprire una ruspante freschezza e una marcata impronta alcolica accompagnata da soffi balsamici. Tannino levigato.
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