venerdì 20 novembre 2009

I Nebbioli dell'Alto Piemonte

Ci sono posti dove capisci perchè ci si innamora del vino e delle persone che lo fanno. Ecco, credo che il Piemonte sia uno di questi posti: nella tre giorni molto intensa che ho fatto lì ad inizio novembre, ciò che mi è rimasto più impresso sono infatti le persone, la loro passione per il vino, la semplicità e la forza quasi ostinata con cui portano avanti le loro idee e progetti.
Terra vocata per i grandi vini, l'Alto Piemonte; purtroppo però, a lungo rimasta schiacciata dalla notorietà delle vicine Langhe. Fattore questo che ha portato gli abitanti di queste zone nel dopoguerra ad abbandonare la terra per occuparsi nelle manifatture tessili e metalmeccaniche della zona lasciando che il bosco avanzasse e invadesse i vigneti , quasi come se volesse riappropriarsi di quegli spazi che gli uomini gli avevano sottratto con gli sforzi di un agricoltura di sussistenza. Basti solo pensare che negli anni '30 questi territori erano pieni di vigne, come testimonia la foto che ritrae la zona attorno al santuario di Boca. Si sta assistendo comunque in questi ultimi tempi ad un inversione di tendenza: i giovani di queste zone stanno tornando a coltivare le vigne con tanto entusiasmo e nuovi progetti.
Lasciamo l'autostrada a Novara e proseguiamo lungo la statale 299 della Valsesia. Il panorama è assolutamente pianeggiante, anche se lascia spazio all'orizzonte a dolci e ondulate colline e in lontananza si intravedono le catene montuose dell'Ossola. La giornata è piovosa, il cielo plumbeo, ma l'entusiasmo di scoprire questi luoghi e soprattutto i loro vini è veramente tanto. Una domanda però ci assilla: ma cosa si intende per Alto Piemonte? Dove inizia e dove finisce?
Sicuramente è difficile trovare tratti comuni a un territorio che a livello amministrativo è a cavallo tra tre province (Novara, Vercelli e Biella) e presenta inoltre grandi differenze anche nella struttura e composizione dei terreni. A tal proposito si individuano almeno tre macro-terroir: si passa infatti dai depositi morenici alluvionali che danno terreni più sciolti della zona di Fara, Sizzano e Ghemme, a quelli a matrice porifidica di Boca, Gattinara e Bramaterra, fino a quelli più sabbiosi e silicei di Lessona.
Forse l'elemento unificante di questi territori è da ricercarsi nell'uso del vitigno nebbiolo presente, seppur in percentuali diverse, in tutte le denominazioni di origine della zona. Localmente chiamato Spanna, si differenzia dali biotipi Lampia e Michet più diffusi invece nelle Langhe. Vitigno complesso, di difficile adattabilità, può regalare però, nelle condizioni migliori, vini con una notevole propensione all'invecchiamento e di ottima complessità aromatica. Il suo ciclo vegetativo è tra i più lunghi che si conoscano, partendo da una fioritura e da un germogliamento precoci, rispettivamente ad inizio aprile e ad inizio giugno, e caratterizzandosi per una vendemmia in genere tardiva, localmente molto tardiva (in Valtellina non è infrequente la raccolta novembrina). Nelle varie DOC e DOCG della zona, il nebbiolo viene "tagliato" con uva rara, ma soprattutto vespolina che dona colore e morbidezza al nebbiolo.
Sette sono le denominazioni di origine che insistono su questi territori: le DOC Fara, Sizzano, Boca, Bramaterra e Lessona e le DOCG Gattinara e Ghemme.
Partendo dai comuni di Fara Novarese e Briona che ricadono entrambi nella DOC Fara, la più meridionale che conta complessivamente circa 18 ettari vitati, la percentuale di spanna è tra le più basse, attestandosi intorno al 30-50%, con una preponderanza di uva rara (max 40%) e vespolina (10-30%). Tra i produttori di maggior peso in questa doc sicuramente è da citare Dessilani, rinomata stirpe di vignaioli, di cui abbiamo avuto modo di conscere il vulcanico Nicola Lucca, giovane ma con le idee molto chiare, e di cui vi parlerò in un prossimo post. Sono altresì da citare nuovi emeregenti produttori in zona, come Prolo o Francesca Castaldi a Briona.
Proseguendo verso nord, lungo la collina morenica, dove le correnti d'aria fredda provenienti dalle Alpi si scontrano con il calore e l'umidità delle risaie della vicina pianura vercellese, troviamo Sizzano e quindi Ghemme. Elevata a DOCG nel 1997, qui la percentuale minima di spanna è del 75%, mentre il saldo è rappresentato dalle solite vespolina e uva rara. Da segnalare come produttori di riferimento sicuramente Antichi Poderi di Cantalupo, Rovellotti e Mazzoni.
Continuando ad allontanarci da Novara in direzione nord/nord ovest incontriamo la DOC Boca e la DOCG Gattinara, le quali costituiscono un'unica area sullo stesso blocco di roccia porfidica.
L’areale del Boca, che comprende i territori dei comuni di Boca, Maggiora, Cavallirio, Prato Sesia e Grignasco, è praticamente inglobato nella Riserva Naturale del Monte Fenèra, che si staglia sulla direttrice del Monte Rosa, dalle cui correnti fredde protegge i circa 15 ettari delle vigne del Boca. Il vino è un nebbiolo in percentuale variabile tra il 45% e il 70%, con saldo di vespolina (20-40%) e, facoltativamente uva rara (0-20%), anche se da colloqui avuti con produttori sembra sia in atto un tentativo di revisione del disciplinare per aumentare la percentuale minima di nebbiolo. Tra i prduttori di maggior spicco, come non citare Le Piane del buon Christopher Kunzli, Antico Borgo dei Cavalli, di Sergio e Silvia Barbaglia, e Castello Conti che abbiamo incontrato personalmente e di cui vi parlerò in un successivo post; ma ci sono però anche nuovi nomi emergenti come Podere ai Valloni e Massimo Zonca.

Se Boca rappresenta la DOC in ascesa, Gattinara invece è la DOCG più importante tra quelle dell'Alto Piemonte sia in termini di estensione vitata che in termini qualitativi. Il disciplinare del Gattinara prevede nebbiolo in purezza, con l’eventuale saldo (10%) può arrivare da uve vespolina o bonarda, con un invecchiamento minimo di 3 anni (4 per la riserva). A Gattinara la tradizione vuole che il vigneto d’origine sia riportato in etichetta, e quindi in questo modo si riesce a verificare la differenza espressiva tra i vari cru. I due produttori di riferimento sono sicuramente Antoniolo e Travaglini.
Procedendo invece verso Biella, immersi in un paesaggio in cui i vigneti sono alternati a fitta boscaglia, incontriamo la DOC Bramaterra che racchiude la bellezza di sette comuni, e precisamente Brusnengo, Curino, Lozzolo, Masserano, Roasio, Sostegno e Villa del Bosco; a dispetto di ciò la superficie complessiva dei vigneti iscritti all'albo è di soli 32 ettari. Si tratta quindi di una DOC che può riuscire a sopravvivere solo grazie al coraggio e all'ostinazione di coraggiosi vignerons, come possono essere personaggi come Odilio Antoniotti oppure Alessandro Anzivino. Il Bramaterra è nebbiolo per il 50-70%, croatina (20-30%), bonarda e vespolina, per un totale massimo congiunto del 20% e un invecchiamento minimo di 2 anni.
Chiude la sequenza la DOC Lessona. Qui la superficie vitata sfiora i 10 ettari, e dunque si tratta della più piccola delle DOC dell’Alto Piemonte;
il Lessona è nebbiolo per almeno il 75%, con il "solito" saldo in parti libere di vespolina e bonarda. La qualità di questa minuscola produzione è peraltro assai alta, grazie soprattutto al lavoro di Paolo De Marchi (Isole e Olena) con la sua proprietà Sperino.

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